Lo spazio di lavoro nello smart working

Come professional organizer, sono profondamente consapevole che esiste una fortissima correlazione tra gli spazi in cui viviamo e il nostro benessere.

Questo vale sicuramente per gli spazi della casa, ma anche per gli uffici e gli spazi di lavoro, dove trascorriamo buona parte della nostra giornata.

In occasione dello Smart Working Day, un evento a cui ho partecipato nel corso della mia formazione, ricordo che anche Luca Brusamolino di Workitect sottolineava la stretta relazione che intercorre tra lo spazio degli uffici e l’engagement dei lavoratori verso l’azienda per cui collaborano.

L’engagement, ovvero l’insieme di impegno, rispetto e stima che un dipendente può provare verso la propria azienda, è determinante nell’instaurare un clima di fiducia reciproca e alta produttività nei contesti aziendali. Si reputa che il “presenteismo”, ovvero essere presenti in ufficio senza essere veramente coinvolti in quello che si fa (in poche parole “scaldare la sedia”) ha costi molto più alti dell’assenteismo, ovvero di non recarsi affatto sul posto di lavoro.

Ecco perché i cosidetti “bricks”, ovvero tutti gli elementi legati alla configurazione degli spazi fisici di lavoro, sono uno dei pilastri fondanti di un buon progetto di smart working.

Una volta era il “desk based work”

Ci sono stati tempi in cui la scrivania (e la relativa posizione all’interno dell’ufficio) era simbolo di potere.

Ci sono stati anche tempi in cui la scrivania rappresentava l’esatto contrario. Come quando, per suggerirti “elegantemente” di archiviare i vecchi documenti, il capo, invece che chiedere, te li scaricava direttamente sulla tua scrivania, sedia compresa (così, se nel dubbio pensi di sederti, no, non farlo, metti a posto e basta).

Caso realmente documentato di scrivania (e sedia) di dipendente monopolizzata dalle esigenze del capo.

Insomma, ognuno alla propria scrivania perché questo era il sistema.

Chissenefrega se il collega accanto a te quando telefona urla.

Chissenefrega se sei in mezzo a un corridoio e continuano a passare indisturbati tutti dietro alle tue spalle.

Chissenefrega se devi organizzare una riunione e piuttosto che aspettare che la sala riunioni si liberi, ammorbi i colleghi alla macchinetta del caffé.

Ecco il “desk based working”.

Con lo smart working si prova a cambiare prospettiva negli spazi di lavoro

Finalmente molti uffici stanno impostando un struttura che rovescia completamente il paradigma: non più spazi basati sulle scrivanie dei singoli, ma sulle attività che ogni lavoratore e lavoratrice è chiamatə a fare.

Si chiama “activity based working” e prevede la realizzazione di spazi ad hoc progettati sulle esigenze delle attività specifiche che dovranno ospitare, aperti a tutte e tutti, condivisi e sempre liberi.

Ho frequentato il Liceo Artistico e la natura delle nostre materie richiedeva che fossimo noi studenti a spostarci e a cambiare continuamente aula: prima due ore in un’aula “tradizionale” con lavagna e banchi frontali, poi altre tre nell’aula di figura tra gessi e bassorilievi, poi altre due in quella di disegno geometrico. Ogni aula era attrezzata con i materiali necessari allo studio di una specifica materia.

Per noi era la norma. Faceva tanto “America” e forse anche per questo ci divertiva essere i “diversi” senza un’aula fissa ma non ci siamo mai accorti fino in fondo di quanto questo sistema avesse senso.

Secondo Brusamolino, che con la sua azienda progetta spazi di lavoro “smart”, esistono quattro tipologie di spazi che ogni ufficio dovrebbe avere rispettando le esigenze dei propri dipendenti:

  1. Spazi per la concentrazione, dove poter evitare i rumori di fondo e le distrazioni dei colleghi, spazi in cui potersi allontanare una o due ore per dedicarsi completamente a un lavoro che richiede focus e attenzione.
  2. Spazi per la comunicazione: non solo sale riunioni attrezzate per i meeting di persona e/o con membri del team in collegamento da remoto, ma anche cabine per le telefonate. Almeno tutti abbiamo un collega che urla al telefono… E se ci fosse una cabina in cui poterlo invitare ad andare per fare le sue telefonate in santa pace? Forse saremmo tutti più felici, noi e lui.
  3. Spazi per la collaborazione, pensati ad hoc per team di progetto, con lavagne, bacheche (…e un mare di post it!). Il sogno di ogni brainstormer!
  4. Infine gli spazi per la contemplazione: la pausa, il relax e un po’ di sano riposo non possono mancare nella vita di ogni smart worker. O meglio, nella vita di ognuno di noi.

E per chi è freelance? È possibile creare degli spazi così anche nel quotidiano di chi lavora con la partita IVA? Io credo di sì, con un po’ di fantasia e di organizzazione, possiamo progettare lo spazio per adattarlo alle nostre necessità. Se non sai da dove iniziare, potresti provare dal mio ebook “Il mio ufficio in casa – Organizzazione a portata di freelance”.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Riceverai il Diario del Tempo, un esercizio di osservazione e tracciamento del tuo lavoro che dura 5 giorni, per trovare subito la consapevolezza necessaria al cambiamento che cerchi.

La newsletter arriverà nella tua casella di posta il sabato mattina.

Al suo interno troverai approfondimenti, consigli e altri spunti organizzativi per il tuo tempo e per il tuo lavoro, nuove guide e risorse scaricabili, il calendario dei prossimi eventi e le promozioni sui miei servizi.

Chiara
Chiara
Ciao, sono Chiara Battaglioni e lavoro a fianco delle persone che lavorano per allenare le loro capacità organizzative tramite consulenze individuali personalizzate e percorsi formativi. Contribuisco a diffondere la cultura dell’organizzazione personale sul lavoro attraverso questo blog e il podcast Work Better. Sono associata Senior Qualificata n.29 di APOI - Associazione Professional Organizers Italia e socia internazionale di AOPE, l'associazione spagnola.