Il Professional Organizer (P.O.) fornisce informazioni, assistenza e prodotti per aiutare ad organizzarsi. Assiste i clienti a trovare equilibrio, restituire ordine e massimizzare le proprie risorse.
Con l’utilizzo di sistemi organizzativi personalizzati e l’insegnamento di abilità di organizzazione, aiuta le persone, le organizzazioni, le aziende a prendere il controllo di ciò che li circonda, del loro tempo, dello spazio, dei cumuli di documenti e oggetti, delle loro vite!
Come dice la parola stessa, il P.O. è un professionista dell’organizzazione, una figura che offre consulenza, supporto e aiuto a diverse tipologie di clienti, in tema di organizzazione personale.
L’organizzazione è una competenza trasversale, necessaria ad un miglior svolgimento delle proprie attività nei diversi ambiti di vita: essere organizzati aiuta a focalizzare e ad utilizzare al meglio le proprie risorse limitate (il tempo, lo spazio, le energie fisiche e mentali, il denaro) per portare a termine con serenità i compiti di cui si è responsabili, per affrontare con meno stress e più tranquillità la vita frenetica di tutti i giorni.
Non tutti nasciamo naturalmente organizzati e l’organizzazione è una competenza che raramente viene insegnata: è qualcosa a cui si dà grande valore (chi non ha mai inserito nel proprio curriculum “forti doti organizzative”, magari senza nemmeno sapere bene di cosa stesse parlando?) ma che viene spesso trascurata nel percorso di crescita e formazione del singolo individuo.
Il professional organizer, con il suo lavoro, interviene all’interno di questo gap, sviluppando competenze e conoscenze nell’ambito dell’organizzazione personale per aiutare il cliente a trovare il proprio metodo, i propri strumenti organizzativi, attraverso i quali vivere con più serenità e meno sforzi.
Riporto da un’interessante, seppur controversa, inchiesta di Repubblica del 2016 (qui il link all’articolo):
Li aspetto al varco. Aspetto con ansia il giorno in cui i “professional organizers” – questo il nome degli spietati ed efficientissimi riordinatori altrui – facciano il salto di ruolo. Salgano di categoria, e si ergano a guru reclutati per fare piazza pulita non soltanto nei cassetti, negli armadi, nei guardaroba, nelle librerie, nei bauli, negli scaffali, negli archivi delle nostre case, delle seconde case, degli uffici e degli studi.
Esiste il timore che oltre agli oggetti superflui, il professional organizer miri a spazzare via tutto, compresi i ricordi e gli affetti più stretti della persona.
Tuttavia la “profezia” l’autrice aiuta a porre l’attenzione su una questione importante: ovvero, cosa significa, veramente, “organizzare”?
Chiamare un P.O. per fare un intervento, significa veramente accatastare pile e pile di sacchi della spazzatura fuori dalla porta?
Dal mio punto di vista è necessario distinguere tra due aspetti, molto diversi da loro.
Da un lato c’è l’ordine. Quello che chiedeva la mamma di mettere in camera, quello noioso degli obblighi e delle routine, quello visivo, quello della perfezione simmetrica di alcuni edifici, quello forse un po’ maniacale delle foto di Ursus Wehrli.
Dall’altro lato, c’è l’organizzazione. Che è qualcosa di più. A volte, sì, può contenere in sé anche l’ordine, se al cliente piace, per esempio, avere i vestiti nell’armadio ordinati per colore, e i libri nella libreria disposti per altezza delle copertine. Ma quando si parla di organizzazione per un professional organizer, si parla principalmente di emozioni e di funzionalità PER, ed esclusivamente per, il cliente.
Un cliente che decide di chiamare un P.O. non è soddisfatto della situazione in cui vive o lavora. Può trattarsi di spazio disorganizzato, oppure avverte di avere poco tempo e di essere sempre di corsa: se la persona sente dentro di sé che qualcosa non va ed è pronto, è curioso di provare a cambiare, allora ecco che un P.O. può intervenire con suggerimenti che (e qui sta la sua professionalità e competenza) devono essere adatti e pensati su misura per il singolo cliente.
Non esiste un’organizzazione, un metodo o degli strumenti che vanno bene per tutti: lo strumento o il metodo che il P.O. suggerisce deve funzionare ed essere adattato a quella singola persona, non a tutti.
Perché l’organizzazione è una competenza PERSONALE e la missione di ogni buon professional organizer è suggerire quella giusta ad ogni nuovo cliente che si affida alla sua guida.
Non esiste una Facoltà o una Scuola di Organizzazione (o almeno non ancora): il percorso di studi e professionale che ho seguito io è parecchio diverso da quello dei miei colleghi professional organizer di APOI, l’Associazione Professional Organizers Italia di cui sono associata Senior e membro del Consiglio Direttivo in qualità di Consigliere e Segreteria.
Ho frequentato il liceo artistico e mi sono laureata in cinema: studi prettamente artistici per poi diventare una che ha fatto dell’organizzazione il suo mestiere. Bè, in effetti può sembrare insolito! Ma andiamo con ordine.
Il corso di formazione con Organizzare Italia e la nascita di APOI
Al mio rientro da Los Angeles dopo un periodo di lavoro alla UCLA per la produzione di un prodotto multimediale in uno scambio tra il Ministero della Gioventù italiano e la scuola di cinema della University of California Los Angeles, ho incontrato Sabrina Toscani e Organizzare Italia a un evento dedicato ai lavoratori della rete.
Avevo letto qualcosa sulla professione negli Stati Uniti ma non pensavo ci fosse qualcuno a farlo in Italia. Così ho chiesto a Sabrina il permesso di poterla affiancare nei suoi interventi, per il pubblico e in azienda. Come ci piaceva dire, sono stata la sua job shadow per alcuni mesi.
Quando arrivò la possibilità di iscrivermi al suo corso di formazione, non ho avuto dubbi e per sei mesi ho seguito le lezioni di Organizzare Italia sullo sviluppo della professione.
In questi sei mesi ho letto tanto ed eseguito i miei primi interventi con clienti privati, testando sul campo le capacità organizzative che fino a quel momento tutti mi avevano riconosciuto e che io avevo sempre dato per scontato. Ero brava ad organizzare il mio tempo, certo, ma soprattutto potevo essere una risorsa per chi era meno organizzato di me. Da quel momento ho studiato, parecchio, mentre lavoravo come dipendente nel settore per il quale avevo studiato, ovvero l’audiovisivo.
Nell’ottobre del 2013 insieme a Sabrina, Irene Novello e Silva Bucci, ho contribuito alla nascita di APOI, la nostra associazione professionale, gettando le basi di quello che si stava già delineando come il mercato del professional organizing in Italia.
L’aggiornamento professionale di APOI
La figura giuridica dell’associazione professionale nasce grazie alla legge 4/2013.
Far parte di APOI rappresenta a tutti gli effetti essere parte di un organismo che grazie agli obblighi e ai doveri imposti a chi sceglie di associarsi, tutela il consumatore, ovvero la persona che si avvale dei servizi di un P.O. che fa parte di APOI.
In quanto associata ho l’obbligo di comunicare sempre al cliente la mia appartenenza all’associazione e il mio numero identificativo (è il 29, visibile nel logo APOI nel footer del mio sito), affinché lui o lei sia in grado di denunciare eventuali mie mancanze e/o comportamenti che violano il codice etico che ho firmato.
Inoltre, ho l’obbligo di maturare ogni anno 10 crediti formativi tra quelli che APOI propone come moduli di aggiornamento professionale. Si tratta di tematiche tecniche, specifiche della professione del P.O. (approfondimenti su strumenti e metodi organizzativi o lavori con specifiche categorie di clienti) oppure trasversali sulla libera professione.
Come ogni freelance, anche il P.O. deve fare i conti con il lavoro dietro le quinte, l’autopromozione, il marketing e le 24 ore di un giorno. Non è che se diventi professional organizer ti regalano ore in più, questo è detto. Ma di solito, riusciamo a cavarcela abbastanza bene con la gestione del tempo.
Far parte di APOI è per me motivo di orgoglio inoltre mi aiuta a sentirmi meno sola.
Per quanto non sconosciuta, la figura professionale del P.O. è ancora in crescita in Italia e la rete rappresentata dai miei colleghi in APOI è fondamentale per migliore e sostenersi a vicenda.
E poi c’è l’autoformazione continua
Inutile dire che non si smette mai di imparare.
Io partecipo a numerosi corsi, in presenza e online, per imparare ad utilizzare gli strumenti necessari al mio lavoro di libero professionista (ne ho parlato in maniera approfondita in una puntata del mio podcast Work Better dedicata ai primi anni del freelance).
E poi libri, su libri, su libri. Quando più possibilmente tecnici, dedicati ai temi che affronto spesso durante le mie consulenze per freelance e nei corsi formativi in azienda: gestione del tempo, produttività, organizzazione del lavoro, ufficio in casa, distrazioni, concentrazione, work life balance, smart working ecc.
Sono partita dalla bibliografia di APOI e cerco ogni anno di arricchire la mia libreria (con obiettivi di lettura sfidanti, forse anche troppo! Ma se come me non demordi, seguimi su GoodReads dove condivido la mia sfida di lettura annuale).
Nell’immaginario collettivo, il professional organizer è il professionista che si occupa di ordinare e organizzare gli spazi della casa.
Ma chi mi segue da un po’ sa che questa non è la mia specializzazione. Infatti io mi occupo di organizzazione del lavoro e lo faccio principalmente con i liberi professionisti.
Nelle consulenze richieste dai miei clienti, spesso non è necessaria la mia presenza nei loro spazi di vita e di lavoro. E posso sfruttare la tecnologia a disposizione per avvicinarmi anche a chi è geograficamente lontano da me.
Quando scegliere la consulenza da remoto
Ci sono alcuni fattori chiave che potrebbero far propendere per una consulenza personalizzata online. La distanza geografica è una buona ragione, ma sicuramente non la principale.
Infatti, se il problema è imparare a gestire meglio il tempo o aumentare la produttività, anche a distanza è possibile confrontarsi sugli strumenti attualmente in uso, fare esercizi per perfezionare le abitudini di utilizzo o eventualmente trovarne di nuovi, se necessario.
Nel mio lavoro mi occupo di fornire metodi e strumenti per organizzare il flusso di lavoro, che è un concetto un po’ astratto: gli strumenti per controllarlo possono essere molteplici e il mio compito è suggerire quello più adatto al cliente e affiancarlo fino a individuare la soluzione ottimale.
I vantaggi di una consulenza personalizzata da remoto
È flessibile: incrociare le agende per un incontro della durata di un’ora o un’ora e mezza (sconsiglio delle call più lunghe perché la soglia dell’attenzione, dopo 90 minuti, tende a calare drasticamente) è molto più semplice che pianificare un incontro di mezza giornata.
Si può inserire facilmente nel flusso lavorativo di una giornata, senza interferire troppo sul regolare svolgimento delle attività. È concentrata: poco tempo ma ben focalizzato, solo su quello che conta davvero.
Nelle consulenze da remoto, ancor più che nelle consulenze in presenza (e naturalmente a seconda delle esigenze del cliente), suggerisco sempre dei pacchetti di incontri (il mio pacchetto standard è di 4 ore) per dare una continuità al lavoro: dopotutto, ogni cambiamento richiede tempo e bisogna concedersi la possibilità di testare e mettere in pratica una nuova organizzazione del lavoro.
È vantaggiosa dal punto di vista economico: poiché non sono previste spese di trasferta e tempi morti di spostamento, il costo della consulenza da remoto è inferiore rispetto a quella in presenza. Ma il valore è garantito perché, come ogni consulenza, l’intervento è progettato sulle necessità della singola persona.
Il sopralluogo
Dopo il primo contatto, che può avvenire via email o telefono, il P.O. può effettuare un primo “sopralluogo”, per capire meglio e nel dettaglio quelle che sono le problematiche organizzative del potenziale cliente.
Il sopralluogo è il primo step necessario alla comprensione dell’esigenza e indispensabile alla stesura della proposta di intervento e dell’offerta economica, che dovrà essere personalizzata sul singolo cliente.
Ecco nel dettaglio come funziona.
Dove
Solitamente il sopralluogo avviene fisicamente presso l’abitazione o lo spazio di lavoro del cliente, soprattutto nel caso in cui la richiesta abbia a che fare con un intervento organizzativo sugli spazi fisici.
Tuttavia è possibile effettuare anche “sopralluoghi” virtuali, ovvero a distanza, via telefono, via Skype o tramite la raccolta di foto.
Quando e quanto dura?
Il sopralluogo viene fissato immediatamente dopo il primo contatto, a seconda delle disponibilità di agenda del P.O. e del cliente e ha una durata variabile tra i 30 e i 60 minuti.
Perché è utile il sopralluogo?
Il sopralluogo è un momento molto importante di ascolto delle esigenze del cliente: è la fase propedeutica alla stesura del preventivo e alla definizione dell’intervento.
Chi è presente?
Solitamente sono presenti solo il P.O. e il cliente che ha chiamato per la consulenza. È tuttavia possibile che, per esempio, nel caso di una consulenza domestica siano presenti altri membri della famiglia che potrebbero risultare interessati dall’intervento, oppure, in caso di un sopralluogo in azienda, che ci siano anche collaboratori e colleghi con i quali si condividono spazi e strumenti di lavoro.
Durante la prima telefonata di contatto, in base all’esigenza manifestata, il P.O. può richiedere la presenza di altre persone (familiari o collaboratori) durante il sopralluogo.
Quali sono gli obiettivi di un sopralluogo?
Gli obiettivi di questo incontro sono:
Come si svolge?
Il sopralluogo è una sorta di intervista. Il P.O. pone domande in merito:
Il sopralluogo costa?
Il costo del sopralluogo è a discrezione del singolo professionista: nel mio caso la scelta è stata quella di garantire un sopralluogo gratuito. Sono escluse le spese di trasferta fuori Bologna, da concordare preventivamente con la persona che mi ha contattato.
Si parte dalla consapevolezza
Solitamente, all’inizio del percorso, sottopongo al cliente uno o più questionari di autovalutazione oppure conduco un’intervista approfondita rispetto al suo modo di lavorare, di gestire il tempo e le priorità, di pianificare e programmare le scadenze.
Si tratta di un primo momento di riflessione che la persona fa su se stessa. Per cambiare un’abitudine, infatti, è necessario sapere prima come ci si sta comportando ora. Molti degli esercizi che propongo in questa fase mirano ad aumentare la consapevolezza del cliente rispetto alla propria gestione del tempo. Per esempio, la matrice di Eisenhower è un valido strumento per iniziare a capire se si sta lavorando più in urgenza oppure se riesce a pianificare quello che conta veramente.
Un altro esercizio che reputo molto utile è il log delle attività, ovvero il Diario del Tempo (scaricabile gratuitamente dalla home page del mio sito): consiste nel registrare con frequenza, per alcuni giorni, un vero e proprio diario di bordo, all’interno del quale tenere traccia di tutte le attività svolte durante la giornata, i livelli di energia e le distrazioni, per riuscire poi ad identificare eventuali sprechi di tempo e aree di miglioramento.
Si elimina il superfluo
Si parla tanto de “Il magico potere del riordino”, best seller dell’autrice giapponese Marie Kondo: chi è stato in aula con me sa che non amo particolarmente il metodo Konmari, ma ritengo tuttavia che la premessa del libro sia valida, in casa come sul lavoro. Eliminare il superfluo è necessario per creare un’organizzazione stabile e che si mantenga nel tempo. Anche in ambito lavorativo.
Ecco perché in occasione delle consulenze in presenza buona parte del tempo è dedicata ad individuare quegli oggetti (se si tratta di consulenze che hanno a che fare con gli spazi fisici), degli impegni e delle responsabilità (presi con gli altri e/o con se stessi) che possono essere delegate, posticipate o eliminate del tutto.
Questa fase, per quanto difficile da affrontare, genera solitamente un grande senso di libertà e una forte motivazione verso il proprio lavoro.
Si organizza, ma solo alla fine
Gli strumenti e i metodi organizzativi che posso consigliare al termine di un percorso di consulenza individuale sono numerosi e variano completamente da persona a persona: quello che per un cliente funziona alla perfezione, potrebbe risultare controproducente per un altro. In questo risiede la professionalità del singolo professional organizer: conoscere tanti metodi e strumenti per consigliare al cliente quello più adatto a lui.
Infine, come ricordo sempre anche ai miei clienti, purtroppo non sono stata dotata di bacchetta magica: decidere di contattare un P. O. per migliorare le proprie competenze organizzative è solo il primo passo in un percorso di cambiamento che richiederà, da parte di entrambi, impegno, esercizio, a volte un po’ di fatica, ma soprattutto tante prove e forse errori.
Ecco perché credo nella pazienza e nella gentilezza che ognuno dovrebbe rivolgere a se stesso nel momento in cui decide di intraprendere questa strada. Ma posso assicurare, che arrivati alla fine, i risultati sono sorprendenti.
Come ha scritto una volta Fabio, uno dei miei primi clienti:
Scoprire la figura del professional organizer è stato per me come aver trovato la chiave giusta per aprire una porta avendo in mano un enorme mazzo di chiavi inutili.
Il primo istinto nel momento in cui si riceve il preventivo da parte di un professionista è quello di scorrere fino in fondo per vedere quanto costa.
Inutile negarlo, lo facciamo tutti.
Ma nei preventivi di un professional organizer, come di moltissimi altri professionisti che offrono servizi alla persona, c’è tutta una parte prima che vale la pena di leggere con attenzione.
Il preventivo è infatti il frutto di una valutazione, non solo economica, del lavoro che dovrà essere svolto, definita dai tempi e dalle modalità di svolgimento dell’intervento, ma anche e soprattutto una prova in cui il professionista si cimenta per dimostrare al cliente che ha compreso realmente le sue necessità.
Un buon preventivo mette in luce quanto osservato e ascoltato durante il sopralluogo e lo fa dando un ordine di priorità: da dove partiamo? Quali sono i problemi più urgenti che posso risolvere al cliente con il mio lavoro?
Un buon preventivo suggerisce il percorso che si andrà a svolgere insieme, indicando i passi principali da compiere e le modalità con cui i risultati intermedi e finali potranno essere raggiunti.
Personalmente ritengo sia utile, già in questa fase, suggerire alcuni temi, strumenti e metodi che verranno utilizzati per raggiungere i risultati prefissati. Tuttavia credo anche sia saggio non trasformare una proposta di progetto in una trattazione tecnica rispetto a tutto quello che verrà fatto.
Soprattutto perché gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo quando si lavora per cambiare le abitudini organizzative delle persone.
Quanto descritto nel preventivo, una volta iniziato l’intervento, potrebbe subire variazioni più o meno significative a seconda del cliente, delle sue emozioni mentre si mette in gioco per cambiare, e del lavoro che verrà svolto insieme.
Ok ma quanto costa?!
Non c’è una risposta secca.
Dipende da molti fattori.
Innanzitutto dal tipo di lavoro che dovrà essere svolto.
Nel caso di un intervento di riorganizzazione degli spazi potrebbe risultare più semplice preventivare un lavoro “one-shot”: stabilisco quanto ore ci vorranno per riorganizzare un ufficio in casa, le quoto e le eseguo.
Ma nel momento in cui un cliente chiede di voler migliorare la gestione del proprio tempo lavorativo per ottimizzarlo e guadagnarne di più da dedicare alle proprie passioni, ecco che il gioco si complica: ogni persona è diversa e ha un approccio al cambiamento assolutamente unico e potrà rispondere ai miei suggerimenti mettendoci più o meno tempo, più o meno energia, ottenendo risultati prima oppure dopo qualche tempo.
Cambiare le proprie abitudini richiede tempo, pazienza e anche gentilezza verso se stessi: non tutto verrà subito semplice e potrebbero esserci dei momenti di stallo.
Ecco perché la mia scelta è quella di proporre dei mini percorsi, ovvero dei pacchetti di più incontri (da remoto o di persona), che possono essere acquistati subito e poi “utilizzati” nel corso di uno o più mesi, a seconda del proprio ritmo e delle proprie necessità.
L’intervento di un professional organizer non è un servizio di lusso, che solo in pochi possono permettersi, ma al tempo stesso è un investimento: di denaro, certo, ma soprattutto di energie e voglia di cambiare radicalmente qualcosa nella propria vita e/o nel proprio lavoro.
Quanto vale il tempo che potrai recuperare e dedicare a te, a quello che ti fa stare bene, a quel progetto che da troppo tempo giace in fondo a un cassetto?
Quanto vale per te non arrivare più in ritardo perché trovi tutto quelle che ti serve e subito? Quanto vale per te ridurre la pressione e lavorare ad un ritmo meno stressante?
Questo è il valore che ti può dare l’intervento di un professional organizer: quanto sei disposto a spendere?