Perché diventare freelance. Tratto da storie vere.
Qual è la molla che scatta quando si decide di fare il grande passo e aprire la partita IVA?
Quale motivazione spinge a fare questo passo nonostante i timori e le preoccupazioni iniziali?
Ti racconto la mia storia e quella di amici e amiche freelance a cui ho posto la stessa domanda.
Perché diventare freelance: ho chiesto in giro
Per registrare il secondo episodio della prima stagione di Work Better dedicato ai primi anni del freelance, ho chiesto ad amiche e amici freelance di rispondere a una domanda: quale è stato quell’evento, quel pensiero, quella lettura, che ti ha fatto dire “sì, lo voglio, divento freelance”?
Ho coinvolto le persone che fanno parte delle mie reti e in particolare:
- La Rete al Femminile di Bologna
- Il gruppo chiuso di APOI – Associazione Professional Organizers Italia
- oltre ad altrə professionistə conosciutə ad eventi di networking online e dal vivo.
Hanno risposto alla mia domanda 19 persone, tra queste:
- 7 professional organizers
- 3 assistentə virtualə
- 2 commercialistə
- 2 psicologhe e coach
- 1 traduttrice
- 1 event manager
- 1 consulente finanziario
- 1 facility e network manager
- una persona che non ha voluto segnalarmi la professione
Alcune motivazioni ritornano
Fra le risposte che ho ricevuto ho incontrato alcuni comuni denominatori.
Da un lato c’è chi é statə spintə al cambiamento da accadimenti concreti.
Alcuni percepiti come generalmente positivi e desiderati come la maternità e la scelta di dedicare tempo ed energie in egual modo alla famiglia e al lavoro.
Altre sono state vicende, purtroppo, spiacevoli. Tra queste ci sono al primo posto delle esperienze lavorative di sofferenza, insoddisfazione e a volte di vero e proprio esaurimento nervoso.
Questo ha fatto scattare la molla e il bisogno di un cambiamento, percepito ormai come necessario e assolutamente desiderabile.
Diventare freelance, non solo per affrontare un cambiamento
Nonostante questo, non si diventa freelance solo se si decide di mettere su famiglia o se si lavora in un posto di merda, che già di per sé sono validi motivi.
Tra le libere professioniste che hanno risposto alla mia chiamata, un tema é emerso frequentemente.
La sfida.
La voglia di sperimentare, di mettersi alla prova, di uscire dalla propria zona di comfort. Ed é qui che l’indole guerriera del freelance torna alla carica. Così come il coraggio, che secondo me è uno dei valori che fanno parte del DNA di ogni freelance, o almeno di quellə che lo sono diventatə per scelta.
C’é chi ha persino sentito la “chiamata”: qualcosa che aveva sempre cercato di emergere e che poi finalmente é riuscito a trovare la luce.
A volte, la chiamata è arrivata dall’esterno, come la scoperta di una nuova professione perfettamente in linea alle proprie competenze e capacità innate, un libro, un incontro. Ad esempio, la maggior parte delle professional organizer (o almeno di quelle che hanno risposto) ha raccontato un’esperienza di questo tipo.
Ma la cosa che più di tutte é emersa da questi piccoli racconti di vita é il bisogno viscerale di creare una vita professionale in linea ai propri valori.
Riuscire a mettere insieme un’attività lavorativa che sia lo specchio delle nostre credenze più profonde.
Le testimonianze ricevute mi hanno parlato di bisogni, quali:
- contribuire a costruire qualcosa
- flessibilità
- etica
- lasciare un segno positivo nella vita degli altri
- ribellione
- coraggio
- professionalità
- essere responsabile
- contribuire alla propria formazione
Ma le frasi che in assoluto mi hanno colpito di più sono:
- “Il desiderio di essere io a dettare le regole”
- “La molla è stata quando ho capito che mi sarei potuta fare un regalo”
- “Essere padrona del mio tempo”
- “La molla più forte è stata il bisogno di esprimermi e lavorare secondo i miei valori”
- “Voler realizzare i propri progetti”
E la mia di storia?
Credo che sia un concentrato di tutto questo.
L’insofferenza verso, non tanto un lavoro specifico, quanto per un ambiente di lavoro che mi rendeva infelice, in trappola.
La chiamata per un mestiere, quello della professional organizer, che ho trovato essere perfetto per me.
L’insofferenza verso l’autorità, soprattutto quella imposta per il solo godimento di mettere le persone in difficoltà (pessimi capi e dove trovarli, come ne ha parlato bene Domitilla Ferrari).
Ma soprattutto, come diceva Pieraccioni a proposito del flamenco ne Il Ciclone, “una vera, profonda, carnale, passione” per lavorare come piace a me.
In totale libertà.
Vuoi raccontarmi la tua storia? Scrivimi. La leggerò con piacere.
Questo articolo è la trascrizione revisionata e aggiornata di un episodio del podcast Work Better. Puoi ascoltare i nuovi episodi su tutte le principali piattaforme.